lunedì 15 marzo 2021

Malebolge documentario di Regiana Queiroz

 


Roberto Silvestri
 “La società consumista ha come destino il consumar
tutto, anche i propri escrementi, cioè sé stessa”.
Oggi, se Pasolini aveva ragione, 46 anni dopo Salò, e
nel settimo centenario dantesco del 25 marzo, siamo
catapultati fino al collo nelle Malebolge, canto XVIII,
ottavo cerchio dell’Inferno, tra il versetto 111 e 116. E
dall’insostenibile e dantesca lettura-invettiva
pasoliniana delle 120 giornate di Sodoma come
metafora del fascismo, la più alta espressione
narrative delle radici del male esposta nel libro del
divin Marchese de Sade. Costruzione ambiziosa e
riuscita quella di un film italo-brasiliano diretto da
Regiana Quieroz, che prende il titolo da Dante
Alighieri e l’ispirazione dal rapporto tra Sade, Pasolini
e quel Brasile ancora una volta attratto dalla
soluzione dittatoriale.
Quei dannati, talmente sporchi di sterco, infatti, che
non si capisce se siano laici o chierici, cioè i ladri,
falsari, ipocriti, adulatori, consiglieri fraudolenti,
seduttori, maghi e ruffiani oggi, da Salò, si
trasferiscono nei quartieri blindati di Rio de Janeiro,
dove il quartetto malefico e perverso, presidente,
vescovo, duca e magistrato hanno il nome di Jair
Bolsonaro (Il presidente); Magno Malta, il deputato
fondamentalista cristiano, ex senatore autore del
progetto di legge per criminalizzare l’aborto sempre e
comunque (il vescovo); Sergio Moro, avvocato ed ex
ministro della giustizia, il magistrato che incriminò un
innocente (Lula) e frodò un’elezione presidenziale;
Paulo Guedes, banchiere e ministro dell’economia
che dal vicino di casa Pinochet ha appreso come
arricchire i ricchi e impoverire i poveri e ucciderli se
necessario (il duca, simbolo di quella aristocrazia che
le poche famiglie che da sempre controllano il paese
e impediscono la riforma agraria a costo di
sterminare di intere comunità, come quella religiosa
di Canudos alla fine dell’800, episodio di
messianesimo rivoluzionario che ha segnato la
nascita del cinema novo brasiliano degni anni 60).
Al loro fianco, le signore che hanno eccitato le loro
più diaboliche macchinazioni: Tanaina Paschoal, il
deputato di stato che ha guidato la crociata anti Djlma
Roussef; Damares Alves, la ministra della famiglia
che ha strumentalizzato il suo essere vittima di
molestie sessuali da bambina per diventare la
Giovanna d’Arco dei feti, la guerrigliera antiabortista,
la nemica di Darwin e dell’insegnamento scientifico
nelle scuole; Alexandre Frota, l’ex porno star poi
esperto in protesi sessuali maschili e grande
difensore in tv degli abusi sessuali sulle donne e il
filosofo Olavo de Carvalho, convinto che la terra è
piatta perché come sappiamo il neo-sofismo è la
nuova professione redditizia e truffaldina degli
intellettuali opportunisti.
Così, mentre Jair Messias Bolsonaro, presidente del
Brasile, è stretto oggi in triplice morsa, tra pandemia
negata ma devastante, magistratura in minaccioso
avvicinamento e incubo Luiz Inacio Lula da Silva -
riabilitato dopo i processi farsa il leader del PT è
pronto a defenestrarlo nel 2022 - esce in rete questo
film di 74 densi minuti che decostruisce, con
profondità e originalità estetica, acume psichiatrico e
micidiale umorismo, l’ennesima ascesa dell’estrema
destra autoritaria in Brasile.
Terrorizzata dai 15 anni di politiche sociali avanzate, i
padroni secolari di Brasilia e la classe media, perfino
intellettuale, che ormai vive le tasse come il patibolo
sono infatti riusciti, con ogni mezzo necessario, a
capovolgere miracolosamente la situazione.
Come hanno fatto? Tensione sociale aizzata dopo il
crollo del prezzo del petrolio. Macchina del fango
contro Dilma Roussef, “la guerrigliera presidente”. Si
usarono gli stessi trucchi e fake news che Rede
Globo aveva spacciato anni prima per far fuori il
pericoloso Brizola. Se i ragazzi del funky si
allenavano sulla spiaggia alla capoeira eccoli
trasformati con destrezza di montaggio in pericolose
bande assalta-turisti e rapina-bagnanti in prime-time
tv. E poi l’impeachment. E vedremo le commuoventi
sequenze della autodifesa di Djlma, dal documentario
Il processo di Maria Ramos, ma non le immagini dei
suoi accusatori, le più imbarazzanti mai viste da chi
crede che democrazia parlamentare non sia sinonimo
di talebana Inquisizione religiosa.
Deformare dunque i principi garantisti della
democrazia per imprigionare Lula e impedirgli di
essere rieletto nel 2018 – era irraggiungibile nei
sondaggi - attraverso una macchinazione tra il
giudice istruttore Moro e il pubblico ministero e quel
teorema car-wash che ci ricorda tanto il nostro
funesto ma indiscutibile Teorema Calogero…
Il giurista italiano Luigi Ferrajoli lo commenta, nel film,
già come tipico processo inquisitorio, privo del
requisito di imparzialità e di separazione tra giudizio e
accusa, fatto che pochi giorni fa è stato riconosciuto
anche dalla magistratura federale brasiliana che ha
dichiarato rieleggibile Lula.
Inventare successivamente un attentato all’arma
bianca al candidato Bolsonaro, più o meno protetto
dalle sue guardie del corpo e non senza qualche
dettaglio andato a male (con ricostruzione chirurgica
di un ano sintetico e di una “borsa” esterna a far da
intestino). L’attentatore di Jair Bolsonaro, amico del
figlio di Bolsonaro, Eduardo, fu assolto senza che
alcuno facesse ricorso…. E qui si usano le immagini
di A falada no Mito, anonimamente scaricate per
riflettere su You Tube sui dettagli mediatici che ci
sfuggono. Utile gioco. Ma nel frattempo il candidato,
più oligofrenico e paranoico appariva, più saliva nei
sondaggi, del 30% dopo la ferita all’addome. Anche
questo è un sequel: nel 1989 per incolpare il PT era
stato sequestrato a fine sondaggi Abilio Diniz. Ma si
dimentica tutto. In Italia ci si dimentica perfino di
Pinelli.
E infine l’uso dei predicatori evangelici per aizzare in
tv e sui social all’omofobia e all’odio dei “pro aborto”
lapidati come “assassini seriali” di cittadini-feti,
assecondati da una nuova star dell’immaginario
demenziale, l’astrologo Olavo de Carvalho, nouvelle
philosophe della destra global.

E poi, da presidente eletto, l’arresto a Siviglia di un
collaboratore di Bolsonaro con 35 kg di cocaina nella
valigia diplomatica (si andava a un G20).
Il ministro dell’economia e banchiere (ipnotizzato
dalla scuola di Chicago) Paulo Guedes, adoratore e
nostalgico senza pudori dell’Atto costituzionale n.5
che magari sarebbe da reintrodurre. E’ l’Atto che nel
1968 ratifico la svolta fascista della dittatura militare
dando carta bianca al presidente Medici per
sospendere i diritti politici, permettere l’uso della
tortura e l’esecuzione dei prigionieri, censurare la
stampa, mettere fuori legge i partiti….Da cui,
corollario, l’elogio funebre al generale Carlos Alberto
Brilhante Ustra, condannato come tortuatore e
esecutore di prigionieri, ma poi liberato e morto nel
2015 in ospedale non in cella. L’importanza di un club
esclusivo di killer, amici dei cittadini più “al di sopra di
ogni sospetto”, camuffato da poligono di tiro, e pronti
alla bisogna…
Ci racconta questo e altro un film che ha ben
assorbito la lezione comica di Michael Moore (sono
sferzanti e grottesche le vignette a forti tinte di Jota
Camero che non perdono un solo episodio della
storia) e tragica di Pier Paolo Pasolini.
Rimettere insieme cose che si vuole tener separate.
Dare un senso spazio temporale all’apparente “non
senso” di fatti sparpagliati. Essere sorprendenti e
comunicativi. “La morte infatti - scriveva Pasolini -
non è nel non poter comunicare, ma nel non più
essere compresi”.

E per potere essere compresi bisogna dimostrare di
essere estranei al “meccanismo di corruzione”
vigente e che il qualunquismo afferma permeare tutto
e tutti. Allora bisogna mostrarsi “poveri nello spirito”.
Come era Pasolini, nonostante le sue fuoriserie e
pratiche desideranti scandalose, persino per Glauber
Rocha come si legge a inizio film. Oppure dichiararsi
esule politico, “un patriota tradito dalla patria”, come
Chico Buarque de Hollanda tra il 1968 e il 1985. E
così è oggi Regiana Queiroz, che firma questo incubo
horror. Ed è fuggita in Italia per poterlo finire e dopo
serie minacce di morte.
Dalla mezzanotte di domani 14 marzo 2021 è in
anteprima mondiale, in visione gratuita e “politica” sul
web vi consiglio di non perdere Malebolge di Regiana
Queiroz.
Questo è il link, https://vimeo.com/511955024.
La scelta della data di uscita del film non è casuale.
La notte del 14 marzo 2018, esattamente due anni fa,
Marielle Franco, consigliere comunale i Rio, militante
del Psol (Partito Socialismo e Libertà Brasiliano),
sociologa, impegnata nella difesa dei diritti umani e
sessuali, è stata assassinata da un commando
armato.
Le indagini sulla spietata esecuzione, nell’ottobre
2019, hanno coinvolto pesantemente (e nell’ultima
parte del film verificheremo le prove e l’autodifesa di
Jair Bolsonaro) lo stesso presidente della repubblica.
Quali erano gli intollerabili “crimini” di Marielle
Franco? Essere sfrontatamente lesbica e lavorare
nelle favela nord di Rio con una tattica e una
strategia opposta a quella glorificata in Tropa de elite,
il dittico campione di incassi di José Padilha del 2009
e 2010: gli squadroni della morte sono l’unico
deterrente necessario per proteggere l’ordine e
sconfiggere droga e piccola criminalità. La nostra
sicurezza in realtà è messa in crisi dalla criminalità
grande (per esempio il Brasile, ex capitale del
tropicalismo musicale oggi lo è dei morti per Covid),
ma nessuno se ne deve accorgere. Perfino i critici
cinematografici brasiliani di sinistra inneggiarono a
Padilha, regista “all’americana”, magari dopo aver
criticato Clint Eastwood e l’ispettore Callahan di
Magnum force (Una 44 magnum per l’ispettore
Callaghan) che ci metteva in guardia già dal 1973 dai
fascisti travestiti da poliziotti e fieri di esserlo e di farsi
inquadrare, come il narciso Derek Chauvin.
Malebolge è un’opera poliedrica e di furia dantesca.
Ma non è come sembra “un film di parte”. A meno
che La signora in giallo e il commissario Colombo, di
cui Queiroz condivide la stessa passione indagatrice,
sono considerati propaganda manichea. Che i fatti
debbano aprirsi, come un fiore, e non bloccarsi sul
fermo immagine, è la lezione di Rossellini che
Queiroz conosce. Non si fanno documentari per
accumular domande e fare i cerchiobottisti, ma per
dare risposte, aprire dialogo, con chi dialoga.
Così Malebolge ha la grinta di un implacabile
documentario di controinformazione, come quelli
della sinistra statunitense negli anni 80, in
opposizione alla prepotenza neoliberista che
impoveriva gli americani, fermava rivoluzioni
(Grenada, Nicaragua…) e assassinava in Centro
America (El Salvador, Costarica, Panama…).
Adesso sono i complotti e i maneggi criminosi ma
efficaci della potente famiglia Bolsonaro da
combattere e mettere in feconda prospettiva.
Cucendo come fa Blob materiali tv e del web
provenienti da una ventina di emittenti e spiegando,
in stile cubista, davanti, dietro, alto e basso dei fatti
attraverso analisti ed esperti, cosa che il populismo
imperante troverà scandaloso.
Si ricostruisce così con precisione e ritmo incalzante
il ruolo dei 4 “Bolso” (lui di origine italiana, padovano
per parte di padre, e i tre figli Jesus, Eduardo e
Flavio) coprotagonisti del mosaico sulla
controffensiva conservatrice globale. Anche lì come
qui il commesso viaggiatore Steve Bannon, munito di
kit reazionario da vendere al miglior offerente, ha
addestrato gli adepti al mantra virale: visto che le
ricette economiche di Marx sono fallite la sinistra
utilizza Gramsci e la scuola di Francoforte per
scatenare un “marxismo culturale” che ha l’obiettivo
di distruggere la famiglia tradizionale anzi unica,
quella composta da mamma e papà.
La necropolitica giallo-oro esige, nello specifico, dosi
tossiche di machismo, misogina, omofobia,
militarismo e razzismo. E poi. Ristabilire l’onore della
dittatura militare 1964-1984 perché si è opposta al
comunismo terrorista ma non lo ha fatto con la
radicalità necessaria, e dunque fermare subito chi
indaga su torture e assassini di prigionieri avvenuti in
quegli anni.

Scatenare la macchina del fango contro il nemico,
che assicura sempre alti indici di ascolto e introiti
pubblicitari a tv e siti commerciali. Per esempio nel
caso di Haddad, l’avversario di Bolsonaro alle
presidenziali, trasformarlo in pedofilo e
fondamentalista gay, bersaglio prediletto dei
predicatori evangelici e stampa taboid. Si è fatto lo
stesso contro Hillary Clinton “prona ai poteri forti e
implicata in un fosco giro di pedofili internazionali,
oltre che moglie di un impresentabile marito”.
Per contro. Non criminalizzare mai il lavoro minorile e
schiavistico. Distruggere l’Amazzonia in nome degli
interessi agro-business: “assassinare gli indios non è
reato”. Legalizzare i pesticidi letali. Censurare media,
cinema e stampa. Scatenare l’intolleranza religiosa.
Erodere i diritti delle donne, per esempio proibire
l’aborto di ogni tipo e scherzare in prime-time tv sulla
dilettevole arte dello stupro. ”Qui si violenta solo chi
se lo merita”.
Il sesso come obbligo e bruttezza, gerarchia dei
poteri, merce muta, non parola che costruisce intimità
e libertà fifty-fifty. La sequenza tv dello “stupratore
felice” Alexandre Frota, ex porno star, poi deputato
federale di destra, infine traditore di Bolsonaro, è
un’ottima sintesi di come sono diventate oggi le tv
pubbliche o private, del mondo. O non la guardate la
tv il pomeriggio? Pasolini è passato invano.
Già. Malebolge è anche un crito-film su Salò di
Pasolini, ovvero un saggio critico scritto con le
immagini e non solo con le parole, sul più indigesto
dei capolavori del cinema, dalle consonanze
strutturali e narrative profetiche (ne vedremo le
sequenze chiave) rispetto a un paese che il regista,
assieme a Maria Callas, aveva visitato in piena
dittatura, nel 1970. E che probabilmente ha molto
influenzato quel passaggio dalla “trilogia della vita”,
Decamerone, Il fiore delle Mille e una notte e The
Canterbury’s Tales (una redenzione che passa
attraverso l’esaltazione del sesso nelle culture pre-
capitaliste, come espressione diretta e carnale di un
desiderio non ancora obbligato e mercificato) alla
trilogia della morte, interrotta dalla morte del poeta al
primo capitolo. Le più truci perversità scodellate in un
gioco al massacro sado-masochista per vedere ben
in faccia il potere che è fatto di soggiogati e di
soggiogatori. Le violenze indicibili del film non sono
come “fatti reali”, quelli di cronaca che si vedono nei
Tg, ma sono meccanismi, costruzioni artistiche, che
agganciavano il passato sadiano e il lontano passato
dantesco al futuro genocidio culturale, alla mutazione
antropologica che viviamo oggi, quando sentiamo
che una regione del nord Italia vaccina solo chi è utile
alla prostituzione dimenticando gli ottantenni o
vediamo giocondi ragazzini in assembramento che se
li chiami assassini restano muti, in silenzio, non
capiscono.
Pasolini ci addestrava insomma a vedere i tg del
futuro. Quando il sesso è la soddisfazione
compulsiva di un obbligo sociale non un piacere
estraneo al dovere e alle convenzioni sociali. Ecco
perché la sovrimpressione tra inferno dantesco, libro
maledetto di de Sade, film di Pasolini e neo-
conservatorismo riesce perfettamente. E’ il silenzio
dei brasiliani che si vede in primo piano, più
assordante delle musiche nel soundtrack,
Monteverdi, “fischia il vento e infuria la bufera” o la
musica popolare. L’egemonia del consumismo è
analoga al silenzio delle vittime di de Sade, cui viene
letteralmente proibito di parlare, perché solo
imbavagliando (libri, stampa, cinema) si esercita
potere. Come personaggi wagneriani i brasiliani (e
non solo loro) accettano il destino crudele come
necessità, identificandosi con gli aggressori. Come
Nietzsche potrebbe commentare: “Le esperienze
atroci ci costringono a speculare se colui che le prova
sia anche egli qualcosa di atroce”.
Regiana Queiroz, cineasta brasiliana, nata a San
Paolo, cresciuta nell'atelier di pittura della madre,
laureata in giurisprudenza (specializzazione in
psicopatologia), si è diplomata alla Scuola di Cinema
Televisione e Nuovi Media di Milano, dove ha vissuto
per qualche anno dal 2005.
E’ tornata in Brasile dove ha realizzato una decina di
documentari, tra i quali Las Penhas (sulla violenza
alle donne) e As Machonistas, una velenosa serie tv
sulla borghesia paulista. Ma nel 2019, dopo le
ripetute minacce di morte legate alla produzione
indipendente di questo suo nuovo lavoro, è rientrata
in Italia.

 

mercoledì 11 luglio 2018

AS PENHAS de Regiana Queiroz


 "As Penhas" é um filme de Regiana Queiroz, tendo como testemunhas mulheres vítimas de violência que conseguiram romper o ciclo, sobreviver e retomar a vida com dignidade e empoderamento. O documentário fala também da culpa do Estado e do Judiciário na violência contra as mulheres por não cumprirem tratados internacionais vigentes de Direitos Humanos assinados pelo Brasil. Filmado na Casa Sofia, centro de defesa e convivência da mulher no Jardim Ângela, São Paulo, com trilha sonora do talentosíssimo Bina Coquet, o documentário denuncia a fragilidade dos centros da apoio às mulheres, a cumplicidade do Estado nesses crimes e a possibilidade de sair do ciclo de violência sem virar estatísticas de feminicídio.

martedì 17 aprile 2018

VIdeoclipe Madeira de Lei

Madeira de lei from 3boludos y 1perro cinema on Vimeo.

Trailer "As Penhas"

Trailer "As Penhas" from Regiana Queiroz on Vimeo.



As Penhas é um filme de Regiana Queiroz, tendo como testemunhas mulheres vítimas de violência que conseguiram romper o ciclo, sobreviver e retomar a vida com dignidade e empoderamento. O documentário fala também da culpa do Estado e do Judiciário na violência contra as mulheres por não cumprirem tratados internacionais vigentes de Direitos Humanos assinados pelo Brasil. Filmado na Casa Sofia, centro de defesa e convivência da mulher no Jardim Ângela, São Paulo, com trilha sonora do talentosíssimo Bina Coquet, o documentário denuncia a fragilidade dos centros da apoio às mulheres, a cumplicidade de Estado nesses crimes e a possibilidade de sair do ciclo de violência sem virar estatísticas de feminicídio.

martedì 9 ottobre 2012

Carnaval Devoto

documentary by Regiana Queiroz

Documentary by Regiana Queiroz, in Amazon about "Círio de Nazaré" the largest religious event in the world, structured like the Divine Comedy of Dante Alighieri.


mercoledì 13 ottobre 2010

Il filo di Cloto - lavori in corso

progetto di lungometraggio di Regiana Queiroz, ispirato al libro omonimo della scrittrice brasiliana Mariella Augusta.